Mestiere senza crisalide
Mestiere senza crisalide
Guadalupe Grande
Collana: Poesia come pane
Pagine: 160
Traduzione: Raffaella Marzano
Cura: Raffaella Marzano
Un'antologia magistrale di uno dei grandi talenti della poesia spagnola contemporanea. Guadalupe Grande ci dà mostra di vigore letterario e profondità umana. I versi, lunghi, possiedono una musicalità ritualizzata. Il libro di Lilit, che fa parte del volume, è qui per mostrarci che, dalla stessa radice del vocabolo mito discendono “tessuto”, “tessere”, “filare”: attraverso la cruna dell’ago che sono le sue poesie, si infila la vita.
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«Nel suo secondo libro, La chiave di nebbia (2003), Guadalupe Grande capta con precisione e profondità emotiva la crisi culturale postmoderna, formulandola in termini spaziali. Grande combina con originalità un linguaggio ingannevolmente semplice, ritmi interrotti, la ripetizione e la fusione dei registri quotidiani e metafisici. Il soggetto lirico si muove in un labirinto urbano, uno spazio che non le offre alcun rifugio. Nella poesia “Cartolina I” termina dichiarando: “Una città, oggi, è stare lontani”».
Sharon Keefe Ugalde
«Ci sono in questa opera un desiderio di dire ed un sapere poetico poco comuni. Guadalupe Grande si fece conoscere con Il libro di Lilit e la sua scrittura attuale è una risposta che adempie in maniera più che abbondante a quelle aspettative. Con l’utilizzo di un versetto lungo si presenta un discorso “ispirato”, come se si scrivesse al comando di un’altra istanza, di una forte potenza immaginativa, che si dispiega in figurazioni come se fosse il linguaggio a parlare da solo o, con parole del libro, “Nella mia ignoranza, ho una vaga consapevolezza di quanto voglio dire”. E questo tipo di versetto ed un certo effetto di incoerenza che producono le parole danno un tono di salmodia. Tutto ciò è un veicolo attraverso il quale lasciar parlare la memoria. “Per una poesia cancellata” è un testo eccellente, come pure “Giardino delle variazioni”. Dunque, questo Albergo per ricci viene ad essere un rifugio per il passato che rivive nel presente, comprimendosi l’uno nell’altro, una meditazione sul tempo, tutto è ricordare e dimenticare, e in questo movimento il reale, vissuto, trascende in una trasfigurazione che fa sì che le parole non siano più parole ma note di quella musica che chiamiamo poesia».
Túa Blesa