Qualcuno ha suonato (esaurito)
Qualcuno ha suonato (esaurito)
Collana:
Pagine:
Traduzione:
Cura:
PER IZETGuardo le date delle tue poesie. Sono geloso del millenovecento che tu hai esplorato con vent'anni di vantaggio su di me. Apparteniamo entrambi all'intero secolo# anche alla parte in cui non eravamo nati. Sono geloso del tempo che tu hai amato di più.Bisogna abitare in una città fluviale per trovarsi in poesia a una confluenza di acque correnti. In te scorrono russi# tedeschi# spagnoli# francesi e qualche italiano# tu li contieni. La Mliacka di sarajevo non è il Guadalquivir né la Neva# però il suo piccolo letto regge l'onda di piena e di raccolto dello scroscio di versi di un secolo# un torrente passato nel tuo cranio di "mentsch"# persona del genere umano.Ho bevuto con te e così# per la misteriosa proprietà transitiva dei poeti e dei bicchieri# io mi sono trovato seduto a tavole remote# dove mai mi sarei azzardato a chiedere permesso. Dietro un nostro bicchiere ho potuto stare con Bohumil Hrabal nella birreria di Praga# al suo tavolo che non ospitava scrittori né lettori# ma solo bevitori amici. Ho potuto sapere come lui portava il vetro all'altezza dei denti e come ci appoggiava sopra il silenzio. Ho tirato tardi con Nazim Hikmet# Alfonso Gatto# Esenin# all'ombra dei nostri bicchieri e ora so con che dita si stropicciano gli occhi. Ho ascoltato la parola comunismo senza inflessioni di invettiva o inno# senza versione ufficiale# come uno pronuncia la parola pioggia# sandalo# balcone.La storia del nostro millenovecento si è tanto preoccupata di infilarsi nelle case# staccare genitori da figli# mogli da mariti# stabilire diete di scarsità nelle cucine spente# distribuendo addii come biglietti da visita. Questa invadente storia maggiore nei tuoi versi è ridotta a margine slabbrato della pagina. Conta di più la storia minore di avere amato una donna# di avere tremato meno per gli scoppi delle granate e molto di più per la febbre di una figlia# per la tosse notturna di un nipotino. È potente per te# molto più che per me# l'esclusiva della vita personale# prepotente il diritto alla felicità# scippata al volo# gustata pure prima di noi non ha avuto nessuno". Dici giusto: anche se siamo gli ultimi di una serie innumerevole# con poco e niente margine di novità# ecco che nella felicità possiamo essere primizia assoluta# sicuri che nessuno può essere stato così felice prima di noi. È antica# ovvia# ripetuta# l'ingiustizia# la guerra# rime stantie delle generazioni# ma la felicità# quella è strepitosamente nuova# vergine per il poeta e per ognuno di noi che è poeta quando sa riconoscerla in tempo# mentre s?e# mentre in cucina una pentola bolle. Poeta è chi trova la felicità nella stanza accanto e mai dice dopo: quelli erano bei tempi. Mai la felicità è retroattiva# o riconosciuta all'istante o perduta.Ma quando è insopportabile la pena# allora servi tu# poeta# tu e non un romanziere che la tira in lungo# tu con dei versi da imprimere a memoria quando si è alle strette e viene tolta la biblioteca e la luce del giorno. Là servi tu che puoi rispondere di tutto. Ricordi Izet la fila davanti alla prigione di Leningrad# era il cinquantasette e Anna Achmatova da un anno si incolonnava insieme ai parenti dei prigionieri nella fila delle visite# al freddo. E qualcuno la riconosce# è lei la famosa poeta# perché in Russia i poeti erano famosi. E una donna che sta in fila dietro di lei# che non l'ha mai sentita nominare# le domanda a bassa voce: "A eto vi mojete opisat'?"# e questo voi lo potete descrivere?# e lei risponde con altrettanto soffio: "Mogù"# posso. E finisce il racconto scrivendo: "Allora qualcosa di simile a un sorriso scivolò su quello che era stato un volto". Ecco# mio Izet# dentro ogni tuo verso di guerra subita# di lutto# c'è la risposta alla domanda di uno come me che sta in qualche fila all'addiaccio delle molte prigioni e chiede: "Questo voi potete descriverlo?" e tu con la carta piena del segreto dell'aria# rispondi: "Mogù"# posso.Ho visto la tua patria# Izet# città al buio# le file per l'acqua# ho visto la guerra tornare in Europa e lasciarla illesa e uguale. La Bosnia degli anni novanta era migliaia di miglia più lontana del Vietnam del sessantasette. Sono gli anni a fare la geografia# non le distanze. Oggi si può prendere un aereo per Sarajevo# Belgrado# io ho amato le tue città quando non si poteva prendere un caffè. Amo il tuo suolo# amo: un verbo che è stato la tua sola bandiera e ha sventolato sul bavero della tua giacca per una vita intera. Da te imparo di nuovo a dire: amo. A cinquant'anni bisogna pronunciarlo spesso# in quante più lingue possibile# lavandosi i denti al mattino# sciacquandoli bene e poi asciugandoli con l'aria di quel verbo all'indicativo presente. Tutte le tue poesie vengono da questa igiene del verbo amare# da questa soglia delle labbra. Bentornato in italiano# benvenuto col tuo verbo a grattare la ruggine della nostra pentola e a farla profumare# noi t'invitiamo ma tuo è il fuoco e la pietanza# tuo il vino che dà profondità ai nostri occhi# un grano d'infrarosso per vedere al buio.Erri De Luca