Racconti
Racconti
Mario Benedetti
Collana: Altre Americhe
Pagine: 136
Traduzione: Elvira Falivene, Carmen Mitidieri, Antonella Sara
Cura: Rosa Maria Grillo
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Racconti d'amore e di guerra, in cui l'ironia acquista un sapore d'amaro ma resiste tenacemente, insieme ad un grottesco che non è mai eccessivo, ma è piuttosto delicato, patetico, proprio di quei montevideanos, un po' sprovveduti e tenacemente nostalgici, lanciati sulle strade dell'esilio. 23 racconti di uno dei più grandi autori latinoamericani del secondo Novecento.
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Il nome di Benedetti è ben noto al pubblico italiano, tanto tra gli studiosi che tra i critici militanti e i lettori attenti, come esempio coerente di un impegno intellettuale e politico (o meglio, civile) quarantennale, ma anche di difesa dell'autonomia di tale impegno, scevro di ogni servilismo e ossequio alle scelte dominanti. Spesso coinvolto in polemiche aspre sì, ma sempre a un livello altissimo di dignità e coerenza - con Mario Vargas Llosa, Octavio Paz, Angel Valente - di cui abbiamo testimonianza nei volumi che raccolgono i suoi interventi giornalistici, Benedetti ha sempre difeso, con dignità e coraggio, la condizione dei sudacas esiliati, dei tercermundistas, delle minoranze e di quanti, anche se apparentemente integrati, sono in realtà tenuti ai margini delle cupole della intelligentia occidentale e nordista.
Stranamente, invece, non altrettanta fortuna ha avuto in Italia come scrittore creativo: e dico stranamente non perché le due espressioni debbano assolutamente combaciare e complementarsi allo stesso livello qualitativo, ma perché effettivamente Benedetti è uno scrittore di rango, come tale riconosciuto internazionalmente (lo dimostrano le molteplici edizioni e traduzioni delle sue opere) ma rimasto fuori dal boom, a suo tempo, sia per ragioni editoriali (il boom della narrativa latinoamericana degli anni '70 fu fenomeno e creazione europea, mentre Benedetti in quegli anni risiedeva spesso a Cuba, cioè più che mai dall'altro lato del mondo) che artistiche (si privilegiò la corrente del realismo magico e del fantastico rioplatense). La scrittura realista di Benedetti, invece, in quanto specchio critico di una realtà in cui convivono apparenze e aspirazioni europeiste e contraddizioni e sofferenze sudamericane, senza quella 'aura magica' presente in tanta narrativa e cultura afro-indigena del resto del continente, non poteva attirare noi occidentali stanchi di città, di routine, di apatie, di uomini e donne senza qualità e senza mistero. Rispetto agli 'esotici' - i cui nomi sono troppo noti per doverli fare - che tanta fortuna hanno avuto presso il vorace lettore europeo, Benedetti ci rimanda un mondo apparentemente troppo simile al nostro, e non è facile andare oltre le apparenze del suo narrato per scorgervi le cifre specifiche di una latinoamericanità soffusa, di una sottile ironia, di un narrare che mostra le voragini distruttive che si aprono tra la necessità di apparire e la volontà di essere, tra la banalità del quotidiano e la tragedia del singolo, tra l'umanità del torturatore e il tradimento dell'amico. Solo più tardi, nei tempi lunghi, stanchi dei moduli narrativi e stilistici del magico latinoamericano, intellettuali ed editori europei hanno rivalutato Mario Benedetti: in Spagna e Francia è ora tra gli scrittori latinoamericani più letti. Non ancora in Italia.
Proporre pertanto una antologia dei suoi racconti può apparire una sfida, ma lo abbiamo fatto perché convinti sia della sempre alta temperatura di questi testi sia della risvegliata attenzione di lettori e critici italiani verso il racconto breve, per decenni quasi ignorato o considerato genere secondario e ora finalmente riconosciuto come espressione fra le più adeguate al vivere moderno, alla frammentarietà dell'esperienza e alla disintegrazione dell'identità. Già Lukacs molti anni fa aveva colto la peculiarità di questa forma narrativa che, "legata alla estensione immanente della rappresentazione", può prescindere da contesti ampi e articolati, da problematiche e coordinate, per estrapolare e narrare un hinc et nunc unico, irripetibile e, se si vuole, perfino astorico. Ciò spiegherebbe anche la fortuna - di scrittura e di lettura - che il racconto ha avuto e ha in America Latina, terra di sconvolgimenti rapidi e convulsi, di stratificazioni non assimilate, di esperienze e concetti di estrazione europea, in cui convivono millenarie culture magiche e 'naturali' ed esasperate manifestazioni dell''american way of life'. Inoltre, il Río de la Plata costituisce certamente una regione di alta e antica tradizione cuentista: dal modernista Leopoldo Lugones al nativista Horacio Quiroga, che inaugurarono le correnti del fantastico e del realismo, inevitabili punti di riferimento per Borges e Cortázar, Benedetti, Onetti, Bioy Casares...
Mario Benedetti, nato a Paso de los Toros (Uruguay) nel 1920, narratore, poeta, drammaturgo, giornalista e saggista, è, come Julio Cortázar, García Márquez, Eduardo Galeano, Ernesto Cardenal, uno dei grandi intellettuali latinoamericani segnati dalla necessità di coniugare impegno civile e attività artistica, di inventare una lingua, un modo di essere, una letteratura, una identità per un continente in continuo fermento, stretto tra il sottosviluppo endemico e le pressioni economico-sociali del mondo occidentale, tra la necessità di una letteratura engagé e l'aspirazione alla libera espressione della diversità e del sincretismo latinoamericani.
L'impegno politico di Benedetti, cresciuto all'ombra della rivoluzione cubana - ha vissuto a Cuba sul finire degli anni '60 - si è concretizzato a livello continentale nella denuncia della ingerenza yankee - economica e politica, quando non militare - nell'aspirazione all'autodeterminazione, svincolata dai modelli egemoni degli anni '70 e '80 - capitalismo nordamericano e comunismo sovietico - nella ricerca di una via latinoamericana al comunismo. In Uruguay, ha partecipato alla fondazione del Frente Amplio, lo schieramento di forze che riuniva le tendenze più progressiste del paese sia di estrazione cattolica che di formazione laica e marxista. Il golpe militare del '73 - fatto isolato nella storia recente uruguayana, sviluppatasi sul modello delle democrazie parlamentari occidentali e non del caudillismo latinoamericano - troncò tragicamente quel tentativo di coalizione teso a scardinare la struttura profonda dell'Uruguay, arcaica e oligarchica dietro le apparenze di una moderna democrazia. L'andata al potere delle forze più reazionarie causò un esodo massiccio. Anche Benedetti prese la via dell'esilio prima in Argentina, poi in Cile e Spagna, dal 1973 al 1985. Attualmemte vive parte dell'anno a Madrid e parte a Montevideo.
Nelle sue opere quest'impegno civile e politico è ben presente ma, lungi dallo scadere nel pamphlet (alcuni suoi testi creativi che denunciano l'intento propagandistico sin dal titolo, come Letras de emergencia, 1973, non sono entrati nelle raccolte successive, in verso - Inventario - e in prosa - Cuentos completos), fornisce terreno fertile per una continua ricerca formale e linguistica atta a rappresentare la cangiante realtà della sua America e delle sue esperienze senza mai rinunciare alla dignità artistica, alla sperimentazione, alla ricerca del miglior rapporto forma-contenuto: ne fanno fede il romanzo in versi El cumpleaños de Juan Angel (1971), sull'evoluzione di un giovane montevideano da tranquillo impiegato di banca a guerrigliero tupamaro, straordinaria opera sperimentale non solo per l'infrazione alla tradizionale opposizione prosa/poesia ma anche per il modernissimo trattamento del tempo narrativo, compresso e soggettivizzato; il romanzo polifonico Primavera con una esquina rota (1982) in cui prendono la parola diversi personaggi accomunati dalla stessa esperienza dell'esilio; Despistes y franquezas (1990), libro-contenitore, quasi un homenaje al lettore, in cui Benedetti offre una summa della sua creatività, libera da condizionamenti ed esigenze editoriali.
Come ha recentemente scritto José Emilio Pacheco nel Prólogo all'edizione dei Cuentos Completos, Benedetti "ha superato tutti gli ostacoli, ha realizzato la totalità dell'esercizio letterario che avevano praticato i grandi scrittori dei secoli scorsi e ha creato un pubblico che lo segue dappertutto, di libro in libro e anche sui periodici, sulla scena, sui dischi".
La presente antologia, come tutte le operazioni arbitrarie, rispecchia criteri personali che è necessario esplicitare. Se la più immediata e scontata motivazione nasce sempre dal gusto soggettivo, un più distanziato criterio di scelta ci ha spinto a includere anche quei racconti che meglio diano ragione della varietà di stile, di temi, di tono, della grande duttilità e flessibilità non solo dell'autore ma anche del genere racconto.
Attraverso i testi selezionati è così possibile seguire la storia e l'evoluzione dell'intellettuale e dello scrittore che ha rappresentato, raccontato e analizzato, con tenerezza, ironia, rabbia, nostalgia o volontà di denuncia, l'Uruguay degli ultimi cinquant'anni, passato da una democrazia senz'altro imperfetta, ma che assicurava tranquillità e un certo benessere, a uno stato prima di incertezza e crisi economica ed etica, poi di guerra civile e di dittatura, colpito infine dalla depauperizzazione dell'esilio e dal difficile desexilio (suo è il neologismo).
Allo sperimentalismo della prima raccolta, Esta mañana (1949), dove Benedetti dimostrava grande perizia tecnica ma ancora un'immatura interiorizzazione ed elaborazione personale, e su cui incombeva il magistero joyciano, ma come forzato per adattarsi alla realtà uruguayana, segue la grande, sommessa epopea urbana di Montevideanos in cui prende corpo e vive autonomamente quella città, quel popolo descritto amaramente e lucidamente nel contemporaneo El país con la cola de paja (1960) in cui viene invocata quella "revolución de las conciencias" che forse avrebbe salvato l'Uruguay dal baratro insondabile del 'decenio negro' (1973-1983). 'Realismo critico urbano' è l'etichetta comunemente utilizzata per questa raccolta e per la produzione intera di Benedetti - e della 'generación crítica' o 'del '45' di cui fa parte - etichetta che non rende conto dell'ironia, della sottigliezza, dell'estrema puntualità stilistica e del significato metaforico che acquista il mondo della pubblica amministrazione e della burocrazia, mondo kafkiano puntigliosamente radicato nel quotidiano, in cui l'assurdo è una categoria insita nel reale, non una sua deformazione.
Il grande salto verso lo scardinamento del principio di verosimiglianza lo tenta Benedetti con La muerte y otras sorpresas per raccontare di un Uruguay sprofondato in una crisi economica ed etica senza precedenti: con improvvise incursioni nel fantastico esprime tutto il disorientamento e l'angoscia di chi si vede privato delle antiche certezze, e che, incredulo come il lettore davanti ad avvenimenti inverosimili, assiste ai primi casi di violenza urbana, di torture, di intercettazioni telefoniche, di odi profondi e implacabili che si ammantano di disputa ideologica (eccellente e rappresentativo di questa tendenza e di questa raccolta è Ganas de embromar - Voglia di scherzare - non presente qui perchè già tradotto in italiano).
Questo nuovo modo di convivenza, che in La muerte y otras sorpresas era appena accennato e costituiva un elemento da rimuovere come un corpo estraneo, non ancora assimilato, nella successive raccolte, Con y sin nostalgia e Geografías, scritte e pubblicate in esilio, si impone decisamente, ma ormai come una realtà accettata, 'normale', e come tale narrabile: racconti di guerriglia e di resistenza, o dall'esilio e sull'esilio, in cui il fatto contingente - il des-tierro - e l'esilio esistenziale dell'uomo moderno sembrano combattersi e annullarsi vicendevolmente, in una nuova dimensione di solidarietà e di impegno. Racconti d'amore e di guerra, in cui l'ironia acquista un sapore d'amaro ma resiste tenacemente, insieme a un grottesco mai eccessivo, delicato, patetico piuttosto, proprio di quei montevideanos, un po' sprovveduti e tenacemente nostalgici, lanciati sulle strade dell'esilio e di quella cultura occidentale in cui l'Uruguay pacifico delle decadi precedenti aveva cercato ispirazione e modelli. In queste due raccolte Benedetti dà la parola "agli uni e agli altri", agli 'insiliati' e agli esiliati, dando a entrambi pari dignità di dolore e di lotta, perchè "tutti siamo stati amputati: loro della libertà, noi del contesto" (da Articulario. Desexilio y perplejidades, 1994).
L'ultima raccolta, Despistes y franquezas, inclusa solo parzialmente nei Cuentos completos (non vi sono i componimenti poetici), è un compendio delle diverse modalità fin qui espresse. Come lo definisce Benedetti nell'introduzione al volume del '90, è un "entrevero", un intreccio barocco di temi e forme, un luogo di libertà e una immagine di sé: "Questo libro è un intreccio che, è giusto dirlo, io avrei desiderato particolarmente allegro, qualcosa come un brindisi privato tra autore e lettore, in commemorazione dei nostri 45 anni di mondo condiviso, ma è evidente che di questi tempi è quasi impossibile schivare totalmente il dolore. Malgrado ciò, spero che, qui e lì, siano sopravvissuti la volontà e la vocazione al gioco". Queste stesse parole vorrei che idealmente comparissero come epigrafe di questa antologia che, anche se storicamente rispecchia un quarantennio di lotte e di dolore, aspira a evidenziare, nell''entrevero' dell'intero corpus benedettiano, uno spiraglio di humor e di ottimismo.
Pur con gli inevitabili mutamenti che la vita comporta, Benedetti è sempre rimasto caparbiamente fedele a se stesso e alla sua etica, lui non impassibile testimone e narratore di quasi mezzo secolo di storia degli uomini del suo paese.
Pur basandoci sull'ultima edizione dei Cuentos completos (1994), che ha rispettato l'originaria collocazione dei racconti, ci siamo permessi la libertà di includere anche i componimenti poetici che, nel volume Geografías, accompagnano i racconti configurando una unità superiore, una sezione poetico/narrativa complessa. Quando è stato possibile, abbiamo indicato anche la data di composizione, per evidenziare la maggiore o minore compattezza, anche cronologica, dei singoli volumi (l'unico scarto rilevante è il racconto L'espressione, datato 1950, quindi contemporaneo dei testi di Montevideanos, ma coerentemente incluso in La muerte y otras sorpresas perchè di fatto appartenente a quel mondo dell'assurdo e del grottesco). In questo modo si è voluto dare al lettore una visione d'insieme della scrittura di Benedetti, e nello stesso tempo fornirgli gli strumenti per una interpretazione critica delle diverse tappe che hanno segnato il suo percorso di scrittore e di intellettuale.
Stranamente, invece, non altrettanta fortuna ha avuto in Italia come scrittore creativo: e dico stranamente non perché le due espressioni debbano assolutamente combaciare e complementarsi allo stesso livello qualitativo, ma perché effettivamente Benedetti è uno scrittore di rango, come tale riconosciuto internazionalmente (lo dimostrano le molteplici edizioni e traduzioni delle sue opere) ma rimasto fuori dal boom, a suo tempo, sia per ragioni editoriali (il boom della narrativa latinoamericana degli anni '70 fu fenomeno e creazione europea, mentre Benedetti in quegli anni risiedeva spesso a Cuba, cioè più che mai dall'altro lato del mondo) che artistiche (si privilegiò la corrente del realismo magico e del fantastico rioplatense). La scrittura realista di Benedetti, invece, in quanto specchio critico di una realtà in cui convivono apparenze e aspirazioni europeiste e contraddizioni e sofferenze sudamericane, senza quella 'aura magica' presente in tanta narrativa e cultura afro-indigena del resto del continente, non poteva attirare noi occidentali stanchi di città, di routine, di apatie, di uomini e donne senza qualità e senza mistero. Rispetto agli 'esotici' - i cui nomi sono troppo noti per doverli fare - che tanta fortuna hanno avuto presso il vorace lettore europeo, Benedetti ci rimanda un mondo apparentemente troppo simile al nostro, e non è facile andare oltre le apparenze del suo narrato per scorgervi le cifre specifiche di una latinoamericanità soffusa, di una sottile ironia, di un narrare che mostra le voragini distruttive che si aprono tra la necessità di apparire e la volontà di essere, tra la banalità del quotidiano e la tragedia del singolo, tra l'umanità del torturatore e il tradimento dell'amico. Solo più tardi, nei tempi lunghi, stanchi dei moduli narrativi e stilistici del magico latinoamericano, intellettuali ed editori europei hanno rivalutato Mario Benedetti: in Spagna e Francia è ora tra gli scrittori latinoamericani più letti. Non ancora in Italia.
Proporre pertanto una antologia dei suoi racconti può apparire una sfida, ma lo abbiamo fatto perché convinti sia della sempre alta temperatura di questi testi sia della risvegliata attenzione di lettori e critici italiani verso il racconto breve, per decenni quasi ignorato o considerato genere secondario e ora finalmente riconosciuto come espressione fra le più adeguate al vivere moderno, alla frammentarietà dell'esperienza e alla disintegrazione dell'identità. Già Lukacs molti anni fa aveva colto la peculiarità di questa forma narrativa che, "legata alla estensione immanente della rappresentazione", può prescindere da contesti ampi e articolati, da problematiche e coordinate, per estrapolare e narrare un hinc et nunc unico, irripetibile e, se si vuole, perfino astorico. Ciò spiegherebbe anche la fortuna - di scrittura e di lettura - che il racconto ha avuto e ha in America Latina, terra di sconvolgimenti rapidi e convulsi, di stratificazioni non assimilate, di esperienze e concetti di estrazione europea, in cui convivono millenarie culture magiche e 'naturali' ed esasperate manifestazioni dell''american way of life'. Inoltre, il Río de la Plata costituisce certamente una regione di alta e antica tradizione cuentista: dal modernista Leopoldo Lugones al nativista Horacio Quiroga, che inaugurarono le correnti del fantastico e del realismo, inevitabili punti di riferimento per Borges e Cortázar, Benedetti, Onetti, Bioy Casares...
Mario Benedetti, nato a Paso de los Toros (Uruguay) nel 1920, narratore, poeta, drammaturgo, giornalista e saggista, è, come Julio Cortázar, García Márquez, Eduardo Galeano, Ernesto Cardenal, uno dei grandi intellettuali latinoamericani segnati dalla necessità di coniugare impegno civile e attività artistica, di inventare una lingua, un modo di essere, una letteratura, una identità per un continente in continuo fermento, stretto tra il sottosviluppo endemico e le pressioni economico-sociali del mondo occidentale, tra la necessità di una letteratura engagé e l'aspirazione alla libera espressione della diversità e del sincretismo latinoamericani.
L'impegno politico di Benedetti, cresciuto all'ombra della rivoluzione cubana - ha vissuto a Cuba sul finire degli anni '60 - si è concretizzato a livello continentale nella denuncia della ingerenza yankee - economica e politica, quando non militare - nell'aspirazione all'autodeterminazione, svincolata dai modelli egemoni degli anni '70 e '80 - capitalismo nordamericano e comunismo sovietico - nella ricerca di una via latinoamericana al comunismo. In Uruguay, ha partecipato alla fondazione del Frente Amplio, lo schieramento di forze che riuniva le tendenze più progressiste del paese sia di estrazione cattolica che di formazione laica e marxista. Il golpe militare del '73 - fatto isolato nella storia recente uruguayana, sviluppatasi sul modello delle democrazie parlamentari occidentali e non del caudillismo latinoamericano - troncò tragicamente quel tentativo di coalizione teso a scardinare la struttura profonda dell'Uruguay, arcaica e oligarchica dietro le apparenze di una moderna democrazia. L'andata al potere delle forze più reazionarie causò un esodo massiccio. Anche Benedetti prese la via dell'esilio prima in Argentina, poi in Cile e Spagna, dal 1973 al 1985. Attualmemte vive parte dell'anno a Madrid e parte a Montevideo.
Nelle sue opere quest'impegno civile e politico è ben presente ma, lungi dallo scadere nel pamphlet (alcuni suoi testi creativi che denunciano l'intento propagandistico sin dal titolo, come Letras de emergencia, 1973, non sono entrati nelle raccolte successive, in verso - Inventario - e in prosa - Cuentos completos), fornisce terreno fertile per una continua ricerca formale e linguistica atta a rappresentare la cangiante realtà della sua America e delle sue esperienze senza mai rinunciare alla dignità artistica, alla sperimentazione, alla ricerca del miglior rapporto forma-contenuto: ne fanno fede il romanzo in versi El cumpleaños de Juan Angel (1971), sull'evoluzione di un giovane montevideano da tranquillo impiegato di banca a guerrigliero tupamaro, straordinaria opera sperimentale non solo per l'infrazione alla tradizionale opposizione prosa/poesia ma anche per il modernissimo trattamento del tempo narrativo, compresso e soggettivizzato; il romanzo polifonico Primavera con una esquina rota (1982) in cui prendono la parola diversi personaggi accomunati dalla stessa esperienza dell'esilio; Despistes y franquezas (1990), libro-contenitore, quasi un homenaje al lettore, in cui Benedetti offre una summa della sua creatività, libera da condizionamenti ed esigenze editoriali.
Come ha recentemente scritto José Emilio Pacheco nel Prólogo all'edizione dei Cuentos Completos, Benedetti "ha superato tutti gli ostacoli, ha realizzato la totalità dell'esercizio letterario che avevano praticato i grandi scrittori dei secoli scorsi e ha creato un pubblico che lo segue dappertutto, di libro in libro e anche sui periodici, sulla scena, sui dischi".
La presente antologia, come tutte le operazioni arbitrarie, rispecchia criteri personali che è necessario esplicitare. Se la più immediata e scontata motivazione nasce sempre dal gusto soggettivo, un più distanziato criterio di scelta ci ha spinto a includere anche quei racconti che meglio diano ragione della varietà di stile, di temi, di tono, della grande duttilità e flessibilità non solo dell'autore ma anche del genere racconto.
Attraverso i testi selezionati è così possibile seguire la storia e l'evoluzione dell'intellettuale e dello scrittore che ha rappresentato, raccontato e analizzato, con tenerezza, ironia, rabbia, nostalgia o volontà di denuncia, l'Uruguay degli ultimi cinquant'anni, passato da una democrazia senz'altro imperfetta, ma che assicurava tranquillità e un certo benessere, a uno stato prima di incertezza e crisi economica ed etica, poi di guerra civile e di dittatura, colpito infine dalla depauperizzazione dell'esilio e dal difficile desexilio (suo è il neologismo).
Allo sperimentalismo della prima raccolta, Esta mañana (1949), dove Benedetti dimostrava grande perizia tecnica ma ancora un'immatura interiorizzazione ed elaborazione personale, e su cui incombeva il magistero joyciano, ma come forzato per adattarsi alla realtà uruguayana, segue la grande, sommessa epopea urbana di Montevideanos in cui prende corpo e vive autonomamente quella città, quel popolo descritto amaramente e lucidamente nel contemporaneo El país con la cola de paja (1960) in cui viene invocata quella "revolución de las conciencias" che forse avrebbe salvato l'Uruguay dal baratro insondabile del 'decenio negro' (1973-1983). 'Realismo critico urbano' è l'etichetta comunemente utilizzata per questa raccolta e per la produzione intera di Benedetti - e della 'generación crítica' o 'del '45' di cui fa parte - etichetta che non rende conto dell'ironia, della sottigliezza, dell'estrema puntualità stilistica e del significato metaforico che acquista il mondo della pubblica amministrazione e della burocrazia, mondo kafkiano puntigliosamente radicato nel quotidiano, in cui l'assurdo è una categoria insita nel reale, non una sua deformazione.
Il grande salto verso lo scardinamento del principio di verosimiglianza lo tenta Benedetti con La muerte y otras sorpresas per raccontare di un Uruguay sprofondato in una crisi economica ed etica senza precedenti: con improvvise incursioni nel fantastico esprime tutto il disorientamento e l'angoscia di chi si vede privato delle antiche certezze, e che, incredulo come il lettore davanti ad avvenimenti inverosimili, assiste ai primi casi di violenza urbana, di torture, di intercettazioni telefoniche, di odi profondi e implacabili che si ammantano di disputa ideologica (eccellente e rappresentativo di questa tendenza e di questa raccolta è Ganas de embromar - Voglia di scherzare - non presente qui perchè già tradotto in italiano).
Questo nuovo modo di convivenza, che in La muerte y otras sorpresas era appena accennato e costituiva un elemento da rimuovere come un corpo estraneo, non ancora assimilato, nella successive raccolte, Con y sin nostalgia e Geografías, scritte e pubblicate in esilio, si impone decisamente, ma ormai come una realtà accettata, 'normale', e come tale narrabile: racconti di guerriglia e di resistenza, o dall'esilio e sull'esilio, in cui il fatto contingente - il des-tierro - e l'esilio esistenziale dell'uomo moderno sembrano combattersi e annullarsi vicendevolmente, in una nuova dimensione di solidarietà e di impegno. Racconti d'amore e di guerra, in cui l'ironia acquista un sapore d'amaro ma resiste tenacemente, insieme a un grottesco mai eccessivo, delicato, patetico piuttosto, proprio di quei montevideanos, un po' sprovveduti e tenacemente nostalgici, lanciati sulle strade dell'esilio e di quella cultura occidentale in cui l'Uruguay pacifico delle decadi precedenti aveva cercato ispirazione e modelli. In queste due raccolte Benedetti dà la parola "agli uni e agli altri", agli 'insiliati' e agli esiliati, dando a entrambi pari dignità di dolore e di lotta, perchè "tutti siamo stati amputati: loro della libertà, noi del contesto" (da Articulario. Desexilio y perplejidades, 1994).
L'ultima raccolta, Despistes y franquezas, inclusa solo parzialmente nei Cuentos completos (non vi sono i componimenti poetici), è un compendio delle diverse modalità fin qui espresse. Come lo definisce Benedetti nell'introduzione al volume del '90, è un "entrevero", un intreccio barocco di temi e forme, un luogo di libertà e una immagine di sé: "Questo libro è un intreccio che, è giusto dirlo, io avrei desiderato particolarmente allegro, qualcosa come un brindisi privato tra autore e lettore, in commemorazione dei nostri 45 anni di mondo condiviso, ma è evidente che di questi tempi è quasi impossibile schivare totalmente il dolore. Malgrado ciò, spero che, qui e lì, siano sopravvissuti la volontà e la vocazione al gioco". Queste stesse parole vorrei che idealmente comparissero come epigrafe di questa antologia che, anche se storicamente rispecchia un quarantennio di lotte e di dolore, aspira a evidenziare, nell''entrevero' dell'intero corpus benedettiano, uno spiraglio di humor e di ottimismo.
Pur con gli inevitabili mutamenti che la vita comporta, Benedetti è sempre rimasto caparbiamente fedele a se stesso e alla sua etica, lui non impassibile testimone e narratore di quasi mezzo secolo di storia degli uomini del suo paese.
Pur basandoci sull'ultima edizione dei Cuentos completos (1994), che ha rispettato l'originaria collocazione dei racconti, ci siamo permessi la libertà di includere anche i componimenti poetici che, nel volume Geografías, accompagnano i racconti configurando una unità superiore, una sezione poetico/narrativa complessa. Quando è stato possibile, abbiamo indicato anche la data di composizione, per evidenziare la maggiore o minore compattezza, anche cronologica, dei singoli volumi (l'unico scarto rilevante è il racconto L'espressione, datato 1950, quindi contemporaneo dei testi di Montevideanos, ma coerentemente incluso in La muerte y otras sorpresas perchè di fatto appartenente a quel mondo dell'assurdo e del grottesco). In questo modo si è voluto dare al lettore una visione d'insieme della scrittura di Benedetti, e nello stesso tempo fornirgli gli strumenti per una interpretazione critica delle diverse tappe che hanno segnato il suo percorso di scrittore e di intellettuale.
Rosa Maria Grillo
1995
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